Il vigneto, datato, aveva uve diverse per diversi tipi di Vino.
Uva Bacò, ovi de galo, uva d’oro, regina, basegana, uva bianca senza gramostini (vinaccioli), clinto e clintòn; l’uva moscata dava un Vino eccellente.
Entrare nella vigna era sempre una grande emozione; i grappoli maturando assumevano il sole e l’infinito, c’era una attesa manifesta per la vendemmia imminente. Poi la pigiatura nel grande cortile dai tini spumanti sopra i quali silenzio e luna riposavano le fatiche del giorno.
A tempo debito iniziavano le feste in famiglia, o tra amici, con Vino nuovo, pane biscottato e salame. E la testa girava per le abbondanti bevute.
Aforismi attinenti così si recitava con il senno del prima e del poi:
– Dame n’antra ombra (bicchiere) de nero! L’ultima volta a me son insacà! (ubriacato).
– A go ciapà ‘na s-ciorla e me mojere la me ga lassà fora dalla porta.
-All’osteria si invocavano “pistoni” (quarti) di Vino, ombre de rosso o botesele de turbiolino, caffè con “el rimorchio” (bicchierino a parte), o semplicemente con il “cicheto”.
Modi di dire per ricordare un modo di bere allegro e robusto, ma l’autocontrollo ed il rispetto altrui erano valori acquisiti ed indiscussi. La spuma e l’etilometro, senza anima, cancelleranno a breve la civiltà del bere in questa terra veneta generosa e buona.