Ricordi del Cavaliere sulla produzione della Grappa:
La Vigna, vigorosa, spogliata dai frutti ingialliva e perdendo le foglie manifestava le sue croci nerastre; i pali di salice che supportavano i fili di ferro, sui quali i tralci novelli erano saliti verso il sole, correvano in fila perfetta fino in fondo alla campagna.
A vederla così, la Vigna, destava tenerezza e stupore. Torchiate, le vinacce riposavano sull’aia in attesa che il “graparo” venisse a prelevarle con il suo camioncino per trasferirle alle distillerie del luogo; egli in cambio dava anonime bottiglie di Grappa nostrana.
Piccole quantità di Grappa si producevano anche in proprio, pur essendo proibito; rudimentali alambicchi, nascosti tra le canne del granturco, bollivano le “graspe” (vinacce) ed i conseguenti vapori condensavano passando per una serpentina immersa nell’acqua, ed era la Grappa.
L’odore acre della distillazione, portato dal vento, indicava ai boccia i luoghi dove questa avveniva così da incorrere nella collera degli adulti che avrebbero preferito il completo anonimato di tali operazioni. Ma agli imberbi curiosi non veniva loro negato “un cicheto” (un po’ di Grappa) a suggello di un segreto che doveva durare nel tempo. Al primo sorso i boccia tossivano fortemente tra la discreta indifferenza degli adulti che ammiccavano divertiti.