La Vendemmia nei ricordi del Ristorante Al Cavaliere di Rovigo:
La Vendemmia era vicina. L’uva era in “varezo” (nereggiava) e le poche viti di quella bianca macchiavano la grande vigna che si allungava fino in fondo al fosso del lichene contornato dalle sanguinelle che davano forcelle perfette per le fionde e steli flessibili per i cesti e le scope da cortile.
I preparativi per la Vendemmia erano tanti: sopra i carri i “veturi” (grandi recipienti di legno) aspettavano impazienti e le botti riempite d’acqua venivano lavate facendole ruotare, avanti e indietro, sopra scale di legno, a pioli, riverse sul terreno. Poi veniva la sera lassù Aldebaran (stella della costellazione del Toro) sapeva ove posare lo sguardo, i bocia arrivavano da ogni dove e stesi sull’ultimo fieno additavano i Carri, stupiti, mentre i pipistrelli inquietavano radenti.
All’indomani i tini avrebbero bollito l’uva spumando un mosto rosso come il cielo nei tramonti di fine estate.
La Vendemmia: una festa!
Così per la Vendemmia si aspettava settembre, le uve mature ornavano le viti che discrete ingiallivano piano. Sulla carrareccia a gruppi gli adulti seguivano, cantando, il carro che portava “el veturo”.
I ragazzi ed i bimbi facevano un allegro clamore; la Vendemmia era una festa, un rito antico che si ripeteva sempre uguale.
I grappoli cadevano, staccati dai tralci, in piccoli cesti di vimini e con i bigonci (le tinele) l’uva veniva trasferita al veturo, dentro il quale questa veniva pigiata con i piedi. Il mosto dai tini ubriacava il cortile e si convertiva in vino bianco e rosso. Le cantine semioscure profumavano e custodivano gelose le botti accuratamente allineate. Merlòt, Raboso, Clinto allietavano i giorni ed il Clintòn dava profumo e colore a vini leggeri e toglieva ai bicchieri l’originale innocenza.
Veniva l’inverno, nelle sere, al tenore del focolare, la carne fresca del maiale, prima di essere insaccata, veniva inzuppata con vini diversi della Vendemmia dell’anno, così anche la pancetta e gli ossicollo. Con i cotechini, “fasoi in potacin”, sardine sotto sale e vino Clintòn si faceva gran festa. Più tardi la Vendemmia tradì questo vino che, clandestino quasi, allieta ancora oggi il palato e i ricordi.