Rovigo e il Polesine 

Rovigo è la città capoluogo del Polesine posta fra il Po e l’Adige, ma più vicina a quest’ultimo in una zona che è fra le più fertili pianure d’Italia. Data la sua posizione, lontana dai monti e dal mare, ha clima nebbioso e umido d’inverno, afoso d’estate. La sua provincia corrisponde alla zona denominata Polesine (denominazione derivante dal latino medioevale «policinum» che significa terra paludosa) il cui territorio del tutto pianeggiante, si è formato in epoca recente per l’accumulo di detriti fluviali, depositati tra i corsi inferiori dell’Adige e del Po.

Il Polesine ha confini ben delimitati, salvo a nord-est, dove la zona di Cavarzere fa parte della provincia di Venezia, e a ovest dove il limite con la provincia di Verona è incerto nelle Valli Grandi Veronesi. Esso digrada leggermente da ovest a est ed è ricco di acque, spesso in difficili condizioni di scolo, tanto da costringere l’uomo a un lungo lavoro di difesa (argini) e di regolazione (canali) per ridurre i terreni a coltura.

Il Polesine è solcato da una rete di corsi d’acqua, in parte naturali, in parte artificiali. Danni gravissimi ha causato la rotta avvenuta nei pressi di Occhiobello il 14 novembre 1951, in seguito alla quale gran parte del Polesine andò sommerso. A occidente (alto Polesine), dove le campagne sono state modificate in epoca più antica, l’aspetto è più ridente, i campi sono limitati da filari di viti e di alberi, e interrotti da argini e da fosse di scolo ad andamento sinuoso. Ivi prevale la piccola proprietà; l’agricoltura è rivolta, oltre che alla produzione del frumento, alle più redditizie colture industriali (canapa, barbabietole). Il medio Polesine ha condizioni intermedie tra la zona alta e la zona deltizia; la piccola proprietà è meno diffusa; come colture prevalenti hanno il primo posto il grano e le barbabietole da zucchero; la vite è abbastanza frequente.

Nel basso Polesine, che è la zona di bonifiche relativamente recenti, dove un settimo del territorio è occupato da valli da pesca e due settimi da incolto produttivo, prevale la grande proprietà e l’agricoltura viene esercitata su vasta scala; vi sono strade rettilinee e grandi fattorie.

Le colture principali sono il frumento, la barbabietola, il mais, il tabacco, non vi sono siepi e l’arboratura è più scarsa (in prevalenza pioppi e salici). Seguono verso oriente le “valli”, dove vi sono pochi “casoni” (di pescatori); frequenti anche la risaia e il canneto. Tra le diverse colture del Polesine i cereali sono al primo posto, coprendo circa un terzo della superficie agraria. Nell’allevamento vi è una grande prevalenza del bestiame bovino ma anche l’allevamento del pollame trova condizioni favorevoli date le ricche colture granarie.
Una terra, dunque, molto produttiva che ha consentito lo sviluppo di una gastronomia legata a tali prodotti con poche differenze fra le tradizioni cittadine e quelle della campagna.

Anguille e pesci d’acqua dolce vengono preparati sia in tegame che alla brace e sono accompagnati spesso dalla polenta che anche in questa zona domina incontrastata.

Tipico e pregiato è lo storione del Po che si trova a Rovigo e in tutta la zona delle “valli”: lesso, in umido, fritto, arrosto. Le uova danno un caviale squisito, molto più tenero di quello russo.
Molto ricca è anche la cacciagione, specie quella acquatica delle zone vallive. Germani reali, codoni, fischioni, murette, arzàvole, folaghe, chiurli, aironi trovano nella cucina di Rovigo e della sua provincia cottura gloriosa con procedimenti particolari: spesso il tartufo bianco locale vi aggiunge nobiltà e ricchezza.

Le colture agricole consentono un importante allevamento del maiale che viene lavorato in vari insaccati fra i quali famosa è la «bondiola affumicata», tipica del Basso Polesine, soprattutto tradizionale nelle zone di Ariano, Taglio di Po e Porto Tolle. Si tratta di carne di maiale tritata grossolanamente, mescolata con pepe e sale, insaccata nella vescica del maiale e appesa ad asciugare. È un prodotto da consumare fresco, bollito lentamente per quattro ore. La «bondiola» è presentata come pietanza, con purea di patate o verdure cotte.

Vi è poi la «bondiola di Adria», che può essere confusa con la salama da sugo ferrarese, ma l’impasto è diverso: nella salama è fatto solo con il maiale, nella bondiola adriese ci sono carne magra di vitello macinata insieme con fesa di maiale e lardo. L’impasto viene insaporito con sale, pepe e vino rosso e insaccato nel budello cieco del bue o nella vescica del maiale. La stagionatura avviene per almeno quattro mesi in un ambiente fresco e ventilato. La bondiola va cucinata con le stesse regole della salama: lunga bollitura (almeno quattro ore) a fuoco molto basso, sospesa in acqua senza toccare le pareti della pentola. Si serve tagliata a spicchi su un letto di purea di patate o di verdure saltate al burro.

È una cucina molto saporita e genuina quella di Rovigo e provincia, piuttosto semplice perché legata ai prodotti agricoli con poche specialità tipiche, ma aperta a varie influenze esterne provenienti soprattutto dalla zona del Ferrarese.

Dolce tipico del Polesine è la «torta polesana o miassa», la cui ricetta venne codificata nel 1829 da un cuoco pasticciere dell’epoca, Angelo Basso, ed è stata riportata in auge negli anni Ottanta dal pasticciere Olindo Meneghin, di Badia Polesine, che l’ha rielaborata fissando rigorosamente le dosi degli ingredienti. Appartiene alla famiglia dei dolci molto ricchi di probabile origine rinascimentale, considerato l’impiego di canditi, uva passita e fichi secchi che, tritati minutamente, vengono amalgamati all’impasto fatto con farina gialla e bianca, burro, uova e zucchero.

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